L'Oratorio di San Biagio

Quante volte sarà capitato di passare per viaCroce, quasi in fondo, a piazzaBarone (la piazzaNonPiazza). Sicuramente tante volte. Pure più volte al giorno.
Presi dalla fretta, però (tempi veloci, questi che viviamo) difficilmente ci si sofferma ad osservare con occhio attento e rapito quella meravigliosa teoria, di portoni, portoncini, vicoli ed alti muri, che si snoda sinuosa nell'antico centro storico di casale. E quindi ci è spesso anche sfuggita la bellezza insita in quei monumenti alla “grezza semplicità”.
Ebbene, incassata tra un vicolo ed un portone, sul nascere o morir di via Croce, sorge, anonima, la Cappella di San Biagio, un oratorio semipubblico eretto nel 1884 dalla famiglia Nuzzi Natale in onore del Santo. 
E si è mai entrati dentro? Nemmeno una sbirciata  dal  portale col busto mezzo dentro ed il resto ancora fuori?
Come tante altre cose anche questa di San Biagio, la sua cappella, la sua storia, si conosce poco e addirittura niente.
E' un luogo semplice, affatto austero, senza pretese architettoniche eppur perfettamente equilibrato. Le maestranze di quel tempo sapevano bene ciò che stavano facendo: un piccolo luogo di culto da arredare con la luce. Lo schema è semplice: pianta rettangolare, solaio alto, molto alto. Pareti bianche in basso, rosa in alto e soffitto celeste. Ampi finestroni in cima a raccogliere e convogliare poderosi fasci di luce. L'effetto, entrando da una piovosa giornata invernale, è sorprendente. Improvviso s'allarga un orizzonte inaspettato e una calma pace che v'aleggia intorno. E così si snoda, tra i confusi pensieri, la cruda storia di Biagio da Sebaste, Vescovo Armeno del III° secolo. Era medico, ed era cristiano in epoche in cui ci si poteva perdere la testa. Ed infatti Biagio, nominato anche Vescovo di Sebaste, non volendo rinnegare la fede cristiana, fu decapitato dopo essere stato torturato straziandogli le carni  con pettini di ferro. Ma era anche “Armeno”, Biagio da Sebaste.  Un altro di quei popoli a lungo e variamente perseguitato nel corso della storia fino ad un vero e proprio olocausto e successiva diaspora tra la fine dell'ottocento ed i primi anni del 900. Cullati dal chiarore dell'oratorio di San Biagio ci possiamo così soffermare  a raccogliere le memorie dei martiri e quelle dei disperati che a loro si rivolgevano. E disperata era la famiglia Nuzzi di Casal di Principe, verso la fine dell'ottocento, proprio mentre altrove, per mano turca, si sterminavano, appunto gli armeni. La signorina Anna, figlia del dottor Angelo Nuzzi, s'era gravemente ammalata e siccome nemmeno il professor Cardarelli, luminare dell'epoca, era riuscito a guarire Anna, la famiglia si vide costretta a ricorrere alle cure del Santo Armeno, Vescovo e Martire, medico del corpo e pure dell'anima: Biagio da Sebaste.
Il dottor Angelo, uomo di scienza, sicchè, acquistò una statua del Santo (opera di un noto scultore napoletano, tale Achille d'Orsi) e la piazzò in camera della figlia ammalata. I dettagli si sono persi con la memoria di chi se n'è già andato e dunque si son definitivamente persi, ma sta di fatto che Anna guarì. Fu considerato un miracolo, anche se di tono minore, e di tanto in tanto “frotte” di fedeli si riunivano a pregare davanti quella statua di San Biagio fin quando la famiglia Nuzzi decise di erigere, appunto, l'oratorio, la Cappella e di donarla, in seguito, alla comunità casalese.
E dopo questo breve excursus e non senza esserci raccolti i pensieri sparsi per i sentieri della storia riemergiamo nel grigiore invernale d'una giornata di pioggia e il vicolo di lato, la casa di fronte ed il portale stesso ci appaiono, ora, con altro spirito, come venendo da un'altra dimensione.

Febbraio 2015
(se si condivide indicare tutte le seguenti fonti)

© Foto e testo di Pasquale Corvino
Informazioni sull'Oratorio e sugli eventi della famiglia Nuzzi sono stati gentilmente forniti dal dr. Carlo Coppola, Segretario generale presso Centro Studi Hrand Nazariantz - հետազոտական կենտրոն Հրանտ Նազարյանց (poeta Armeno)