Il mese di marzo era molto temuto dai contadini perché, segnando il passaggio dall’inverno alla primavera e presentando un clima instabile con alternanza di freddo-caldo, pioggia, sole, vento, grandine…poteva risultare dannoso per le coltivazioni o creare problemi di salute come raffreddori, bronchiti, influenze…
Per evitare tutto questo, i casalesi avevano un rimedio: “tingere marzo”, una sorta di “scongiuro” contro gli influssi negativi che il mese poteva avere sugli uomini e sulle cose, sicuramente retaggio di epoche primitive e pagane.
La sera del 28 febbraio (29 in caso di anno bisestile) tutti, uomini, donne e bambini, si armavano di un carboncino preso dal camino e con esso disegnavano per terra, sui muri, sul focolare, … un piccolo sgorbio con sembianze umane che voleva proprio rappresentare il mese che stava per arrivare ; più brutto riusciva il disegno, più il sortilegio sarebbe stato efficace!
Se durante il mese ci si ammalava o succedeva qualcosa di negativo, era usanza chiedere: ”Ma, u tignist a Merz ?” ( Ma lo tingesti marzo?) perché, non aver ottemperato a questo rituale, significava esporsi ai suoi “tiri mancini”. Infatti, se la risposta era negativa, si rispondeva: “ E chill t’ha tignut'!” (E quello, cioè marzo, ti ha fatto nero!).
Sembra che un anno (siamo negli anni Cinquanta) un nostro compaesano, per essere certo della riuscita del sortilegio, abbia riempito di mostriciattoli di tutte le dimensioni il muro della scala che dal piano terra portava al primo piano, beccandosi, il giorno dopo, una solenne strigliata dalla moglie che si era ritrovata tutto il muro, prima bianco e pulito, imbrattata di orribili disegni neri.
L’usanza è perdurata fino agli anni Ottanta anche se i disegni venivano fatti su carta o cartoncino per evitare di sporcare i muri delle abitazioni.
Per evitare tutto questo, i casalesi avevano un rimedio: “tingere marzo”, una sorta di “scongiuro” contro gli influssi negativi che il mese poteva avere sugli uomini e sulle cose, sicuramente retaggio di epoche primitive e pagane.
La sera del 28 febbraio (29 in caso di anno bisestile) tutti, uomini, donne e bambini, si armavano di un carboncino preso dal camino e con esso disegnavano per terra, sui muri, sul focolare, … un piccolo sgorbio con sembianze umane che voleva proprio rappresentare il mese che stava per arrivare ; più brutto riusciva il disegno, più il sortilegio sarebbe stato efficace!
Se durante il mese ci si ammalava o succedeva qualcosa di negativo, era usanza chiedere: ”Ma, u tignist a Merz ?” ( Ma lo tingesti marzo?) perché, non aver ottemperato a questo rituale, significava esporsi ai suoi “tiri mancini”. Infatti, se la risposta era negativa, si rispondeva: “ E chill t’ha tignut'!” (E quello, cioè marzo, ti ha fatto nero!).
Sembra che un anno (siamo negli anni Cinquanta) un nostro compaesano, per essere certo della riuscita del sortilegio, abbia riempito di mostriciattoli di tutte le dimensioni il muro della scala che dal piano terra portava al primo piano, beccandosi, il giorno dopo, una solenne strigliata dalla moglie che si era ritrovata tutto il muro, prima bianco e pulito, imbrattata di orribili disegni neri.
L’usanza è perdurata fino agli anni Ottanta anche se i disegni venivano fatti su carta o cartoncino per evitare di sporcare i muri delle abitazioni.