CAPITOLO V
LA FESTA DELLA PREZIOSA
3.La festa di piazza
I Casalesi, pur devotissimi verso la cara immagine di Maria SS. Preziosa, coltivavano un’altra aspirazione, quella di divertirsi gustando un buon pranzetto e bevendo qualche profumato bicchiere di vino asprino assistendo a qualche spettacolo in piazza.
La festa di Settembre, che durava in genere tre giorni, era l’occasione propizia per fare tutto ciò. Venivano chiamate le bande musicale dei paesi vicini, ma anche altre, più famose, che venivano dai territori piuttosto distanti. Cominciando dalle prime luci dell’alba, esse attraversavano il paese, creando un’atmosfera gioiosa e accattivante; in tempi più recenti erano anche provviste di avvenenti “majorettes” che ballavano fermandosi nelle strade e nelle piazze. Non mancava il “Concertino” vero e proprio, con brani di musica classica e operistica (musica in piazza) e nemmeno lo spettacoli di canzoni e cantanti (i big dell’epoca) che costavano fior di quattrini. Frattanto, a divertire la massa, provvedeva l’immancabile Pulcinella con i suoi proverbiali piatti di maccheroni e le battute a doppio senso.
Naturalmente, né per la festa religiosa né per quella di piazza, si lesinavano i “botti” e i fuochi pirotecnici, al punto che i fuochisti facevano a gara e venivano sottoposti a verdetto da una commissione che giudicava chi fosse il migliore, assegnando diplomi e premi in denaro.
Abbondavano le bancarelle dei venditori ambulanti che offrivano mercanzie estremamente differenziate: c’erano quelli che vendevano il torrone, le noccioline americane, le “castagne d’ò prevete” e i “ciuciù”, ma anche quelli che vendevano pizzette e panzerotti, a volte fritti e rifritti nello stesso olio, che emanavano un odore non proprio invitante. Per ultimo, ma non di importanza, venivano i venditori di “per’ e muss’ ”( il piede e il grugno del maiale) e quelli di “trippa e cientepelle”, considerati delle vere chicche, che avevano una propria, consolidata platea di estimatori. Sconosciuti oggi alla maggior parte dei giovani, queste parti del maiale e del vitello venivano un tempo particolarmente apprezzate e costituivano uno “sfizio” per la popolazione adulta casalese, almeno pari, se non maggiore, di quello che i bambini sperimentavano sgranocchiando i “ciuciù” e lo zucchero filato. Altri ancora vendevano le spighe di granturco bollite o arrostite, le “spogne”, e anche il venditore di palloncini faceva buoni affari, perché possedeva sagome di ogni tipo: fiori, animali e oggetti vari.
Una cosa che non poteva assolutamente mancare erano le luminarie, “l’allummata”, oggetto di attenta valutazione e anche di ira, talvolta, da parte degli abitanti di qualche strada periferica, che a parer loro, erano stati trascurati, in quanto i loro vicoli risultavano scarsamente illuminati. Ci si sbizzarriva nelle forme e nei colori più vari: fontane, cuoricini, stelle filanti di ogni grandezza; insomma, quanto alla festa, i Casalesi antichi non si facevano mancare proprio niente!
LA FESTA DELLA PREZIOSA
3.La festa di piazza
I Casalesi, pur devotissimi verso la cara immagine di Maria SS. Preziosa, coltivavano un’altra aspirazione, quella di divertirsi gustando un buon pranzetto e bevendo qualche profumato bicchiere di vino asprino assistendo a qualche spettacolo in piazza.
La festa di Settembre, che durava in genere tre giorni, era l’occasione propizia per fare tutto ciò. Venivano chiamate le bande musicale dei paesi vicini, ma anche altre, più famose, che venivano dai territori piuttosto distanti. Cominciando dalle prime luci dell’alba, esse attraversavano il paese, creando un’atmosfera gioiosa e accattivante; in tempi più recenti erano anche provviste di avvenenti “majorettes” che ballavano fermandosi nelle strade e nelle piazze. Non mancava il “Concertino” vero e proprio, con brani di musica classica e operistica (musica in piazza) e nemmeno lo spettacoli di canzoni e cantanti (i big dell’epoca) che costavano fior di quattrini. Frattanto, a divertire la massa, provvedeva l’immancabile Pulcinella con i suoi proverbiali piatti di maccheroni e le battute a doppio senso.
Naturalmente, né per la festa religiosa né per quella di piazza, si lesinavano i “botti” e i fuochi pirotecnici, al punto che i fuochisti facevano a gara e venivano sottoposti a verdetto da una commissione che giudicava chi fosse il migliore, assegnando diplomi e premi in denaro.
Abbondavano le bancarelle dei venditori ambulanti che offrivano mercanzie estremamente differenziate: c’erano quelli che vendevano il torrone, le noccioline americane, le “castagne d’ò prevete” e i “ciuciù”, ma anche quelli che vendevano pizzette e panzerotti, a volte fritti e rifritti nello stesso olio, che emanavano un odore non proprio invitante. Per ultimo, ma non di importanza, venivano i venditori di “per’ e muss’ ”( il piede e il grugno del maiale) e quelli di “trippa e cientepelle”, considerati delle vere chicche, che avevano una propria, consolidata platea di estimatori. Sconosciuti oggi alla maggior parte dei giovani, queste parti del maiale e del vitello venivano un tempo particolarmente apprezzate e costituivano uno “sfizio” per la popolazione adulta casalese, almeno pari, se non maggiore, di quello che i bambini sperimentavano sgranocchiando i “ciuciù” e lo zucchero filato. Altri ancora vendevano le spighe di granturco bollite o arrostite, le “spogne”, e anche il venditore di palloncini faceva buoni affari, perché possedeva sagome di ogni tipo: fiori, animali e oggetti vari.
Una cosa che non poteva assolutamente mancare erano le luminarie, “l’allummata”, oggetto di attenta valutazione e anche di ira, talvolta, da parte degli abitanti di qualche strada periferica, che a parer loro, erano stati trascurati, in quanto i loro vicoli risultavano scarsamente illuminati. Ci si sbizzarriva nelle forme e nei colori più vari: fontane, cuoricini, stelle filanti di ogni grandezza; insomma, quanto alla festa, i Casalesi antichi non si facevano mancare proprio niente!