Il Novecento: 1900-1945
La successiva evoluzione del paese tra il 1758 e il 1897 si può cogliere dalla mappa allegata .
Agli inizi del Novecento, quindi, il paese si presentava come nella mappa.
Le successive notizie sono tratte da interviste effettuate alle persone anziane le quali raccontano che, fino agli anni “30 del Novecento, il corso Umberto I (antica via Pubblica) era pavimentato con lastre di basalto, “i basule”, fino a dove il corso si slarga dopo piazza Barone, chiamato perciò “pizz’i basule”. Di questa antica pavimentazione restano tracce solo in via Cesare Battisti, "i pagliarell".
Poi, da quel punto fino a piazza Villa, la strada era sterrata come anche la piazza. Intorno ad essa girava una fogna a cielo aperto e c’erano delle tavole (a mo’ di ponte) che permettevano alle persone che abitavano sul posto di accedere alla piazza.
Un altro fognone a cielo aperto, che raccoglieva le acque provenienti da san Cipriano, passava dove adesso c’è palazzo Baldascino e, anche in quel punto, c’erano tavole che formavano un ponte e permettevano il passaggio delle persone e degli animali. Da qui il nome “’Ncopp ‘o pont”.
In apparenza non è evidente ma il livello altimetrico di Casale è inferiore a quello di San Cipriano tanto che le giornate piovose creavano un grosso problema agli abitanti di questi due paesi perché una massa enorme di acqua si riversava da via Roma di s. Cipriano verso Casale, si immetteva in piazza Mercato, attraverso un alveo che divideva la Chiesa dalla rimanente piazza. L’acqua percorreva poi via S. Lucia, via san Lorenzo (attuale via Colombo), piazza Parroco Natale, via Milano, via Difesa Casale e si riversava nei Regi Lagni.
Anche a piazza Mercato c’era un ponticello semi-diroccato che permetteva l’attraversamento della piazza nei giorni piovosi e via Roma di s. Cipriano aveva sui marciapiedi dei “pontili” o ponticelli in legno che venivano usati dai cittadini per attraversare la strada in attesa che l’acqua piovana scorresse via.
Il secolare problema, dopo vari progetti, fu risolto in epoca fascista da Ettore Pianese, podestà del Comune di Albanova (Casale, S. Cipriano, Casapesenna) che iniziò la costruzione di fognature per evitare lo scorrimento delle acque in superficie in questi posti. Ma il problema, sotto la pressione edilizia degli anni 60, 70 e 80, si è puntualmente ripresentato e perdura a tutt'oggi.
In verità, quindi, le nostre attuali piazze erano dei collettori di acqua piovana; nei periodi asciutti erano grandi spazi aperti dove si svolgevano fiere di animali e mercatini; non c’erano statue, fontane o altro. Una persona ricorda che, a piazza Villa, tentarono di piantare degli alberi negli anni “30, ma furono portati via (antica cattiva abitudine!!!).
Le strade (a parte quelle principali dove c’erano “i basule”) erano tutte sterrate, polverose d’estate e fangose d’inverno. Non esistevano fogne, ma c’erano le “cunette” dove si riversava l’acqua piovana e l’acqua di scolo proveniente dalle case. Da qui le cattive condizioni igienico-sanitarie degli inizi del secolo scorso.
Scipione Letizia scrive che “le condizioni sanitarie del piccolo paese non erano disastrose, ma addirittura infernali. Strade dissestate, acquitrinose, mancanza di pozzi neri e versamenti degli escrementi o nei locali, o nei cortili, o nelle vie pubbliche, mancanza di acqua potabile. I cittadini si servivano di acqua di pozzi, che venivano inquinati dall'esterno, perché non erano costruiti a tubatura chiusa..”(pag. 14)
Eppure, scorrendo le carte dell'Archivio comunale si incontrano disposizioni tassative, emanate dagli organi competenti, i quali, ogni anno, stilavano un Regolamento comunale di igiene, che veniva approvato dalla Prefettura.
In uno di questi regolamenti si legge: “Tutte le case di abitazione debbono comunicare coll'esterno in maniera da non esservi difetto d'aria. Le case costruite di pianta possono essere adibite solo dopo un anno per far in modo che vada via l'umidita. Le case di nuova costruzione debbono avere i cessi e le latrine distaccate dalla cucina e dai condotti per le acque sporche. Per le case già costruite periodicamente vi saranno delle ispezioni per vedere se conservano la pulizia necessaria. Le mura esterne debbono essere ripulite ogni anno. Tutti i canali di scarico o di scolo di materie immonde debbono essere costruiti e coperti in modo tale da non tramandare pestifere esalazioni. Vietato stabilire fogne e pozzi neri a distanza minore di m. 4 da pozzi, serbatoi e condotti di acqua viva, a meno che non si faccia constatare l'assoluta impossibilità di collocarli altrove. I cessi e i pozzi neri debbono essere espurgati almeno una volta all'anno. E' vietato tenere dentro l'abitato mandrie e greggi di animali vaccini, ovini e suini; possono tenersi solo le capre destinate al latte e gli animali neri, purché stiano in stalle esposte all'aria ne’ immediatamente sottoposte a camere, dove si dorme. Proibito tenere maiali nelle stesse camere, ove si dorme. Nei cortili non si debbono depositare mucchi di letame. Il trasporto delle immondizie deve avvenire dopo le dieci di sera. Proibito piantare canapa e lino negli orti e fare la macerazione vicino all'abitato”. (ASC,ICPA,f.5)
Purtroppo queste disposizioni rimanevano, quasi sempre, lettera morta, perché i pozzi neri continuavano ad essere costruiti nei pressi dei pozzi dell'acqua che regolarmente si beveva, il letame ammonticchiato nei cortili, le stalle erano vicinissime alle abitazioni, i rifiuti liquidi scorrevano nelle cunette delle strade. Nessuna meraviglia dunque se, periodicamente, il nostro paese fu tartassato da epidemie di tifo, colera, vaiolo.