Alcuni illustri scrittori romani come Plinio e Virgilio, definirono la nostra regione “Campania Felix”, cioè fortunata, per i doni che la natura aveva in essa riservato, come la fertilità del terreno da cui si potevano ricavare quattro raccolti ogni anno, la dolcezza del clima, dovuta alla vicinanza del mare e , infine, il notevole sviluppo delle coste, frastagliate e ricche di golfi, baie, seni, cale e calette, scogli e grotte naturali.
Produttrice di frumento, vino ed olio, oltre che di cereali e frutta di ogni genere, fu per molto tempo il “granaio di Roma”. Ma su questo suolo, quando arrivarono i Romani avevano già vissuto tanti popoli, alcuni dei quali ci hanno lasciato i segni della loro presenza, mentre altri si sono fusi con i popoli autoctoni (originari del territorio), da cui avevano appreso usi e tradizioni. Ne ricordiamo solo alcuni come i Cimmeri, gli Osci, gli Etruschi, i Campani, i Sanniti etc….
I Cimmeri, (dal fenicio “Chumer” = sozzo) secondo il Pelliccia (Alessio Aurelio Pelliccia: Varie cronache appartenenti al Regno di Napoli- Tomo V) avrebbero fondato Cuma, prendendo prima il nome di Cumani e, successivamente, quello di Osci, dalla gran quantità di serpenti, che si trovavano nella zona. In greco ofus=serpente. Col passare del tempo i Cumani avevano allargato il loro dominio, conquistando Napoli, Pompei, Atella, Miseno, Literno, Nola, Avellino, come ci informano Strabone e Dionigi di Alicarnasso.
A questo punto un'altra popolazione, sempre appartenente al ramo degli Osci, si unì in lega con gli Etruschi, Umbri, Dauni ed altre genti italiche, con lo scopo di sconfiggere i Cumani. Questi riuscirono a resistere ma nel 334 caddero sotto il dominio dei Campani.
I Campani furono per lungo tempo in lotta con i Sanniti, i bellicosi montanari che umilieranno, facendoli passare sotto le “forche caudine” e, alla fine per disperazione, furono costretti a darsi ai romani, divenendo “soci” o “federati”. Quando però Annibale sconfisse clamorosamente i romani a Canne, i Campani voltarono le spalle a Roma ed offrirono ad Annibale una gradita ospitalità nella città di Capua. Per questo motivo quando Roma riprese il sopravvento, Cuma e Napoli, rimaste fedeli divennero dei municipi mentre Atella, Calazia e Capua furono ridotte a “Prefetture”.
La Campania antica fu, dunque, un vario coacervo di popoli, anche se non sappiamo bene se, molte delle popolazioni citate, avevano in comune l’origine celtica o se fossero di matrice gallica. Giulio Cesare, nel “De bello Gallico”, parla dei Celti come di una parte dei Galli, affermando che quelli che noi chiamiamo Galli, si chiamano invece, nella loro lingua, Celti.
Pare che questi Celti non avessero una identità comune e fossero in realtà formati da una miriade di tribù, con usi e costumi tra loro diversi. Avrebbero invaso, intorno al 1000 a.C., gran parte del Mediterraneo e sarebbero i progenitori degli Opici che poi si chiamarono Osci, gli antichi abitanti della Leboria, ossia di “Terra di Lavoro”. In questo senso il termine “Silva Gallinaria” potrebbe indicare la matrice gallica di queste popolazioni.
Un ulteriore prova potrebbe essere la presenza del “gallo” nello stemma di Aversa, città molto vicina a Casal di Principe e facente parte del territorio della Liburia o Leboria detta successivamente Terra di lavoro. Col tempo, si smarrì la memoria di questi passaggi e i coloni greci, che arrivarono sulle nostre coste, credettero che gli Opici (Osci) fossero genti autoctone.
La Campania antica, detta Campania Felix o, anche Ager Campanus, indicò originariamente il territorio della città di Capua ed i territori circostanti.
In seguito alla divisione Augustea, l’Italia fu divisa in undici regioni o province, raggruppando, secondo la testimonianza di Strabone, il Lazio e la Campania, dal Tevere fino al Sele, con a capo Capua (Capoa), escludendo la porzione dell’Irpinia e precisamente la zona inferiore delle attuali provincie di Benevento e Avellino, che andarono a far parte della Puglia e della Calabria. Per questo motivo Plinio distingueva la Campania Antiqua, cioè quella del I° periodo, meno estesa e collocata intorno a Capua, dalla Campania nova, quella della divisione augustea, che comprendeva anche una parte del Lazio, cioè la Campania di Roma. Dunque, la Campania antica (Antiqua) andava dalle pendici del monte Massico, al Nord, fino ai Campi Flegrei a Sud. Nel Medioevo il nome Campania verrà sostituito dal toponimo “Terra Laboris”, che appare per la prima volta in un documento del 1092, sotto la dominazione normanna. Dal XVI al XVIII sec. Le carte geografiche riportano indicazione “Terra Laboris olim (un tempo) Campania Felix”.
Produttrice di frumento, vino ed olio, oltre che di cereali e frutta di ogni genere, fu per molto tempo il “granaio di Roma”. Ma su questo suolo, quando arrivarono i Romani avevano già vissuto tanti popoli, alcuni dei quali ci hanno lasciato i segni della loro presenza, mentre altri si sono fusi con i popoli autoctoni (originari del territorio), da cui avevano appreso usi e tradizioni. Ne ricordiamo solo alcuni come i Cimmeri, gli Osci, gli Etruschi, i Campani, i Sanniti etc….
I Cimmeri, (dal fenicio “Chumer” = sozzo) secondo il Pelliccia (Alessio Aurelio Pelliccia: Varie cronache appartenenti al Regno di Napoli- Tomo V) avrebbero fondato Cuma, prendendo prima il nome di Cumani e, successivamente, quello di Osci, dalla gran quantità di serpenti, che si trovavano nella zona. In greco ofus=serpente. Col passare del tempo i Cumani avevano allargato il loro dominio, conquistando Napoli, Pompei, Atella, Miseno, Literno, Nola, Avellino, come ci informano Strabone e Dionigi di Alicarnasso.
A questo punto un'altra popolazione, sempre appartenente al ramo degli Osci, si unì in lega con gli Etruschi, Umbri, Dauni ed altre genti italiche, con lo scopo di sconfiggere i Cumani. Questi riuscirono a resistere ma nel 334 caddero sotto il dominio dei Campani.
I Campani furono per lungo tempo in lotta con i Sanniti, i bellicosi montanari che umilieranno, facendoli passare sotto le “forche caudine” e, alla fine per disperazione, furono costretti a darsi ai romani, divenendo “soci” o “federati”. Quando però Annibale sconfisse clamorosamente i romani a Canne, i Campani voltarono le spalle a Roma ed offrirono ad Annibale una gradita ospitalità nella città di Capua. Per questo motivo quando Roma riprese il sopravvento, Cuma e Napoli, rimaste fedeli divennero dei municipi mentre Atella, Calazia e Capua furono ridotte a “Prefetture”.
La Campania antica fu, dunque, un vario coacervo di popoli, anche se non sappiamo bene se, molte delle popolazioni citate, avevano in comune l’origine celtica o se fossero di matrice gallica. Giulio Cesare, nel “De bello Gallico”, parla dei Celti come di una parte dei Galli, affermando che quelli che noi chiamiamo Galli, si chiamano invece, nella loro lingua, Celti.
Pare che questi Celti non avessero una identità comune e fossero in realtà formati da una miriade di tribù, con usi e costumi tra loro diversi. Avrebbero invaso, intorno al 1000 a.C., gran parte del Mediterraneo e sarebbero i progenitori degli Opici che poi si chiamarono Osci, gli antichi abitanti della Leboria, ossia di “Terra di Lavoro”. In questo senso il termine “Silva Gallinaria” potrebbe indicare la matrice gallica di queste popolazioni.
Un ulteriore prova potrebbe essere la presenza del “gallo” nello stemma di Aversa, città molto vicina a Casal di Principe e facente parte del territorio della Liburia o Leboria detta successivamente Terra di lavoro. Col tempo, si smarrì la memoria di questi passaggi e i coloni greci, che arrivarono sulle nostre coste, credettero che gli Opici (Osci) fossero genti autoctone.
La Campania antica, detta Campania Felix o, anche Ager Campanus, indicò originariamente il territorio della città di Capua ed i territori circostanti.
In seguito alla divisione Augustea, l’Italia fu divisa in undici regioni o province, raggruppando, secondo la testimonianza di Strabone, il Lazio e la Campania, dal Tevere fino al Sele, con a capo Capua (Capoa), escludendo la porzione dell’Irpinia e precisamente la zona inferiore delle attuali provincie di Benevento e Avellino, che andarono a far parte della Puglia e della Calabria. Per questo motivo Plinio distingueva la Campania Antiqua, cioè quella del I° periodo, meno estesa e collocata intorno a Capua, dalla Campania nova, quella della divisione augustea, che comprendeva anche una parte del Lazio, cioè la Campania di Roma. Dunque, la Campania antica (Antiqua) andava dalle pendici del monte Massico, al Nord, fino ai Campi Flegrei a Sud. Nel Medioevo il nome Campania verrà sostituito dal toponimo “Terra Laboris”, che appare per la prima volta in un documento del 1092, sotto la dominazione normanna. Dal XVI al XVIII sec. Le carte geografiche riportano indicazione “Terra Laboris olim (un tempo) Campania Felix”.