Cap III
UNA STORIA “PREZIOSA”
1. La cappellina rurale
In queste pagine cercheremo di riassumere tutto quello che riguarda la cappellina rurale, tutto quello, cioè ,che siamo riusciti a mettere insieme, sulle origini di questa devozione, così forte e ancora così cara al cuore dei Casalesi.
Un pezzo di storia nostra davvero.... Preziosa, non solo perché dedicata alla devozione della Vergine Maria, venerata con questo titolo, ma perché è stato molto difficile ricostruirne i primi passi e l'evoluzione della cappellina rurale, per mancanza sia di documenti che di tradizioni locali al riguardo. Dunque, l'origine della cappella “in campagna” come si diceva in passato è e rimane per noi un mistero.
Potrebbe essere stata un convento, una “grangia” o almeno i resti di essa, sul modello di quella che sorgeva a Vico di Pantano, nella zona ancora oggi detta “ Castello” e anche in tante altre zone nell'agro aversano. La parola “grangia” o “grancia” in origine voleva dire “porcile”; successivamente indicò una specie di fattoria, annessa ai conventi benedettini, che praticavano anche l'allevamento del bestiame, compresi i suini.
Potrebbe anche essere stata la sede di un eremita oppure una cappella sperduta nei campi, cosa non rara alla periferia del nostro paese, come la cosiddetta “cappella del lupo”, una chiesetta che secondo notizie oralmente raccolte, sorgeva nei pressi dell'attuale piazza Padre Pio, dove si tiene attualmente la fiera settimanale del mercato. La stessa definizione di “Cappella del lupo” indica sicuramente un luogo solitario, che, qualcuno ha identificato con la chiesa di S. Mauro, fondata dai Benedettini, dopo la donazione del duca di Benevento.
L'ipotesi più probabile è quella che la cappellina sia sorta nel luogo dove, secondo la tradizione, venne trovato il quadro della Madonna, anche perché le altre ipotesi non hanno trovato alcuna conferma, e il cimitero, che per lungo tempo la circondò, era il Cimitero Comunale di Casal di Principe, per cui il Comune pagava regolarmente un canone annuo.
Ma torniamo alle notizie storiche, che generalmente ci vengono fornite dall'archivio Vescovile di Aversa, che registrò puntualmente l'esito delle “visite pastorali”, che il vescovo di Aversa era tenuto a fare in tutte le chiese della sua diocesi, dopo il concilio di Trento.
La prima notizia dell'esistenza della cappellina risale al 1451 ed è una “Bolla” a favore del Rettore della Chiesa, l'abate Don Giulio Del Tufo di Aversa, che contiene il resoconto dei beni dotalizi della Cappella, che, a quel tempo, consistevano in 29 moggia di terreno, divise in sei pezzi.
Il primo Vescovo che la visitò, Mons. Fabio Colonna, ci fa sapere che a quel tempo, già esistevano le cappelle rurali di S. Donato e Sant'Andrea, ma si trattava di benefici distinti e separati, che avevano rettori e beni diversi.
La visita successiva fatta da Mons. Balduino De Balduinis ci fa sapere, tra l'altro, che l'Abate non si presentò e fu anche punito per questo e che i beni erano nel frattempo aumentati a circa 80 moggia.
Le visite successive di parte dei Vescovi Aversani : Manzolo, Ursino, Morra e del Card. Spinelli ci
informano che le condizioni della chiesetta erano assai precarie, che l'altare non era consacrato, che era molto difficoltoso l'accesso, per cui il Card. Di Santa Severina, allora rettore, ordinò il trasferimento del titolo nella chiesa parrocchiale, cosa che era già accaduta alle cappelle di S. Donato e Sant'Andrea.
A questo punto giova una piccola riflessione. Malgrado si trattasse di una cappellina, essa aveva il privilegio di alcune indulgenze ed il titolo di Rettoria e Badià, che fu assunto da personaggi famosi e prestigiosi dell'epoca, come il Cardinale di Santa Severina, il nipote suo omonimo, Giulio Antonio Santorio, Don Giulio Zancagnini al posto del Card. Giovanni Zancagnini, i Cardinali Aldobrandini, Carafa, Colloredo, Gozadino, Filomarino.
Probabilmente quello di Rettore o Abate di S. Maria Preziosa doveva essere una specie di Titolo onorifico, da aggiungere al nome ed al curriculum, abbastanza ricercato da questi prelati, che del resto, poco si occupavano delle sorti della chiesetta e, nel migliore dei casi, delegavano altri a farlo. Infatti, i vescovi aversani, nelle loro visite pastorali, trovavano sovente delle pecche nell'amministrazione e delle carenze nella manutenzione della cappella, al punto che, nel 1700 il Vescovo Spinello sequestrò il frutto del beneficio, per timore che non fossero eseguiti i lavori urgenti, che non potevano essere rinviati, come il rifacimento del pavimento e del soffitto, nonché il decoro con pitture e il miglioramento dell'altare.
Mons. Giovanbattista Caracciolo nel 1764 rincarava la dose, facendo notare la trascuratezza di coloro che avrebbero dovuto provvedere al mantenimento della chiesa, la cui rendita era, nel frattempo arrivata a 120 moggi, e ordinando la riparazione del muro occidentale ormai cadente ed il riordino dell'atrio antistante. L'ultimo abate o rettore fu don Domenico Cuomo di Castellammare di Stabia, che aveva dato “a censo”, come dire in affitto, prima di morire, per mille ducati, tutti i fondi della Badia ai Sigg. Donato Coppola di Casal di Principe e Gaetano Lombardo residente in Aversa.
I pesi di messe, festività e tasse rimanevano a carico dell'abate.
Nel 1806 la gran corte della Vicaria vendette il censo che fu acquistato da un certo Raffaele Giuliano di Napoli che, in seguito, non volle riconoscere alcun peso ed obbligo annesso ad esso.
UNA STORIA “PREZIOSA”
1. La cappellina rurale
In queste pagine cercheremo di riassumere tutto quello che riguarda la cappellina rurale, tutto quello, cioè ,che siamo riusciti a mettere insieme, sulle origini di questa devozione, così forte e ancora così cara al cuore dei Casalesi.
Un pezzo di storia nostra davvero.... Preziosa, non solo perché dedicata alla devozione della Vergine Maria, venerata con questo titolo, ma perché è stato molto difficile ricostruirne i primi passi e l'evoluzione della cappellina rurale, per mancanza sia di documenti che di tradizioni locali al riguardo. Dunque, l'origine della cappella “in campagna” come si diceva in passato è e rimane per noi un mistero.
Potrebbe essere stata un convento, una “grangia” o almeno i resti di essa, sul modello di quella che sorgeva a Vico di Pantano, nella zona ancora oggi detta “ Castello” e anche in tante altre zone nell'agro aversano. La parola “grangia” o “grancia” in origine voleva dire “porcile”; successivamente indicò una specie di fattoria, annessa ai conventi benedettini, che praticavano anche l'allevamento del bestiame, compresi i suini.
Potrebbe anche essere stata la sede di un eremita oppure una cappella sperduta nei campi, cosa non rara alla periferia del nostro paese, come la cosiddetta “cappella del lupo”, una chiesetta che secondo notizie oralmente raccolte, sorgeva nei pressi dell'attuale piazza Padre Pio, dove si tiene attualmente la fiera settimanale del mercato. La stessa definizione di “Cappella del lupo” indica sicuramente un luogo solitario, che, qualcuno ha identificato con la chiesa di S. Mauro, fondata dai Benedettini, dopo la donazione del duca di Benevento.
L'ipotesi più probabile è quella che la cappellina sia sorta nel luogo dove, secondo la tradizione, venne trovato il quadro della Madonna, anche perché le altre ipotesi non hanno trovato alcuna conferma, e il cimitero, che per lungo tempo la circondò, era il Cimitero Comunale di Casal di Principe, per cui il Comune pagava regolarmente un canone annuo.
Ma torniamo alle notizie storiche, che generalmente ci vengono fornite dall'archivio Vescovile di Aversa, che registrò puntualmente l'esito delle “visite pastorali”, che il vescovo di Aversa era tenuto a fare in tutte le chiese della sua diocesi, dopo il concilio di Trento.
La prima notizia dell'esistenza della cappellina risale al 1451 ed è una “Bolla” a favore del Rettore della Chiesa, l'abate Don Giulio Del Tufo di Aversa, che contiene il resoconto dei beni dotalizi della Cappella, che, a quel tempo, consistevano in 29 moggia di terreno, divise in sei pezzi.
Il primo Vescovo che la visitò, Mons. Fabio Colonna, ci fa sapere che a quel tempo, già esistevano le cappelle rurali di S. Donato e Sant'Andrea, ma si trattava di benefici distinti e separati, che avevano rettori e beni diversi.
La visita successiva fatta da Mons. Balduino De Balduinis ci fa sapere, tra l'altro, che l'Abate non si presentò e fu anche punito per questo e che i beni erano nel frattempo aumentati a circa 80 moggia.
Le visite successive di parte dei Vescovi Aversani : Manzolo, Ursino, Morra e del Card. Spinelli ci
informano che le condizioni della chiesetta erano assai precarie, che l'altare non era consacrato, che era molto difficoltoso l'accesso, per cui il Card. Di Santa Severina, allora rettore, ordinò il trasferimento del titolo nella chiesa parrocchiale, cosa che era già accaduta alle cappelle di S. Donato e Sant'Andrea.
A questo punto giova una piccola riflessione. Malgrado si trattasse di una cappellina, essa aveva il privilegio di alcune indulgenze ed il titolo di Rettoria e Badià, che fu assunto da personaggi famosi e prestigiosi dell'epoca, come il Cardinale di Santa Severina, il nipote suo omonimo, Giulio Antonio Santorio, Don Giulio Zancagnini al posto del Card. Giovanni Zancagnini, i Cardinali Aldobrandini, Carafa, Colloredo, Gozadino, Filomarino.
Probabilmente quello di Rettore o Abate di S. Maria Preziosa doveva essere una specie di Titolo onorifico, da aggiungere al nome ed al curriculum, abbastanza ricercato da questi prelati, che del resto, poco si occupavano delle sorti della chiesetta e, nel migliore dei casi, delegavano altri a farlo. Infatti, i vescovi aversani, nelle loro visite pastorali, trovavano sovente delle pecche nell'amministrazione e delle carenze nella manutenzione della cappella, al punto che, nel 1700 il Vescovo Spinello sequestrò il frutto del beneficio, per timore che non fossero eseguiti i lavori urgenti, che non potevano essere rinviati, come il rifacimento del pavimento e del soffitto, nonché il decoro con pitture e il miglioramento dell'altare.
Mons. Giovanbattista Caracciolo nel 1764 rincarava la dose, facendo notare la trascuratezza di coloro che avrebbero dovuto provvedere al mantenimento della chiesa, la cui rendita era, nel frattempo arrivata a 120 moggi, e ordinando la riparazione del muro occidentale ormai cadente ed il riordino dell'atrio antistante. L'ultimo abate o rettore fu don Domenico Cuomo di Castellammare di Stabia, che aveva dato “a censo”, come dire in affitto, prima di morire, per mille ducati, tutti i fondi della Badia ai Sigg. Donato Coppola di Casal di Principe e Gaetano Lombardo residente in Aversa.
I pesi di messe, festività e tasse rimanevano a carico dell'abate.
Nel 1806 la gran corte della Vicaria vendette il censo che fu acquistato da un certo Raffaele Giuliano di Napoli che, in seguito, non volle riconoscere alcun peso ed obbligo annesso ad esso.